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ATTILIO SASSI

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Nato a Castelguelfo (Bologna), il 6 ottobre 1876, da una famiglia di operai, Sassi iniziò a lavorare undicenne, al termine delle scuole elementari, come muratore. Nel 1895, come altre migliaia di lavoratori italiani, in quel periodo emigrò in Brasile, nella regione di Minas Gerais dove rimase nove anni, lavorando nelle miniere di manganese.
E' d'agli anni '90 circa che l'immigrazione italiana, con­centrata sino ad allora esclusivamente in Argentina, si indirizza verso il Brasile. Da 9742 che erano nel 1875 gli emigranti italiani in Bra­sile passano a 123.626 nel 1891. Nel 1910 i soli immigrati italiani saranno in tutto il paese oltre un milione e mezzo.
E' in questo paese che av­viene la formazione sindacale e politica di Sassi, all'in­terno dell'immigrazione italiana e del clima sociale e po­litico di quegli anni. Nello stato di Minas Gerais, risiedevano all'arrivo di Sassi circa 50.000 italiani, arrivati a famiglie o a grup­pi; prevalentemente occupati nelle miniere o nelle fazen­de.
Il governo Brasiliano non aveva creato nessuna struttura per accogliere le decine di migliaia di immigrati; i coloni al loro arrivo dovevano costruirsi abitazioni provvisorie e quanto era necessario per la sopravvivenza.
Le condizioni di lavoro erano molto dure, spesso più dure che in Italia; come conseguenza erano frequenti le sommos­se e gli scontri tra operai italiani e esercito brasiliano Sarà grazie all'iniziativa dei leader anarchici e sociali­sti che nasceranno
le prime organizzazioni operaie di tu­tela dei lavoratori.
Un ruolo particolare in questa opera di organizzazione svolto dalla stampa di tendenza anarchica; dal 1892 inizia la pubblicazione una lunga serie di periodici, il primo è  "Gli schiavi bianchi" diretto da Botti; del '93  "L'asino Umano" a Sao Paolo e "L'Avvenire" a Montevideo del '96-97.
L'"Eco operaio" a Rio Grande do Sul, "Settembre XX" e "La Birichina" a Sao Paolo; del '98 "Il Risveglio" a Sao Paolo La formazione nei primi anni del secolo dei centri indu­striali, dove lavoravano per la quasi. totalità operai stranieri, per la maggior parte italiani, vede anche il sorgere delle prime unioni del movimento operaio italiano. Nel 1903 nascono le unioni dei fochisti e degli stivatori, nel 1906 a Sao Paolo si costituisce la Confederazione Operaia.
Tutte le organizzazioni sindacali fino all'indomani del primo conflitto mondiale vedono maggiormente rappresentate al loro interno le tendenze del sindacalismo anarchico.
Sassi rientra in Italia nel 1904 e riprende a lavorare co­me muratore, ma organizza sindacalmente braccianti, biroc­ciai, fornaciai e soprattutto contadini.
Non riuscendo a trovare una stabile occupazione, nel 1905 Sassi emigra in Svizzera ma nel 1906 è di nuovo in Italia dove riprende il lavoro politico e sindacale impegnandosi nella provincia di Bologna in una attiva propaganda anti­clericale.
Denunciato per istigazione a delinquere, per avere distur­bato una processione a Medicina (Bologna), è in seguito assolto.
Tra il 1906 e il 1907 si costituisce all'interno dell'or­7anizzazioni sindacali una tendenza di forte critica nei confronti dei riformismo del partito socialista e della CGIL; in un convegno tenuto a Parma il 3 novembre 1907, ai quale Sassipartecipa insieme a Borghi, De Ambris, Cor­ridoni, viene decisa la costituzione, all'interno del mo­vimento sindacale di un Comitato nazionale dell'azione di­retta, ai quale aderiscono le Camere del Lavoro di Bologna Cesena, Mirandola, Modena, Parma, Ferrara, Piacenza. Dal 1910, Attilio Sassi dirige il sindacato muratori di Imola, in lotta per la...conquista del "sabato inglese"; l'anno successivo aderisce al gruppo anarchico imolese "Amilcare Cipriani" e diviene segretario del sindacato Cavatori di Imola. Collabora ad alcuni periodici anarchici, tra cui "L'agita­tore" di Bologna e "Il pungolo" di Imola (quest'ultimo cu­rato da Adamo Mancini mentre al primo collaboravano Luigi Fabbri, Armando Borghi, Maria Rygier, Zavattero).
Nel  1911 si trasferisce per alcuni mesi a Crevalcore per dirigere la lega dei birocciai, ma nel 1912 è di nuovo a Imola. E' in quel periodo che inizia l'amicizia di Sassi con Errico Malatesta, che ne faranno di lui un esponente di primo piano dell'anarchismo emiliano romagnolo.
Nel 1912 partecipa a Modena alla costituzione dell'Unione Sindacale Italiana; nel '13 insieme a Saccono e Borghi viene inviato dalla CdL di Parma come oratore a Carrara, a sostenere la vittoriosa lotta degli operai del marmo guidati da Alberto Meschi per le 8 ore.
Nel dicembre partecipa al secondo congresso dell'USI in rappresentanza del sindacato muratori e cavatori di Imola In quegli anni organizza frequentemente a Imola e Castelguelfo conferenze internazionaliste contro il militarismo dilagante in Europa.   Agli inizi del 1914 tenta la costituzione in Bologna di un Fascio Libertario, che però trovò scarse adesioni; a metà aprile dello stesso anno è designato, dal consiglio generale dell'USI a far parte della segreteria della Camera del Lavoro di Piacenza, della quale era segretario Borghi.
A Piacenza Sassi, ricopre la carica di segretario provincia­le dei lavoratori della terra; trasferitosi nella cittadina emiliana lavora come caposquadra presso una fabbrica di ma­teriali bellici.
Nel giugno del '14 ritorna brevemente in Romagna dove è tra gli organizzatori della "Settimana Rossa"; dopo questi av­venimenti ritorna a Piacenza, sotto stretta sorveglianza; nel luglio del 1914 è arrestato per "propaganda sovversiva e vilipendio alle istituzioni", rimesso in libertà riprende la dura campagna contro la guerra mondiale incipiente e l'interventismo dei "sindacalisti di Parma".
L'interventismo è infatti la causa della scissione interna all'USI. Il consiglio Generale del 13-14 settembre vede l'uscita della minoranza interventista mentre segretario generale diventa Armando Borghi.
Il clima politico italiano si inasprisce nello scontro tra interventisti e neutralisti. Sassi viene nuovamente arrestato nel dicembre del '14 e condannato a tre mesi di carcere; appena uscita riprende la campagna pacifista e la propaganda contro la guerra ed è nuovamente arrestato il 16 maggio 1915 durante uno scontro tra anarchici e interventisti.
Per tutta la durata della guerra Sassi prosegue la propria attività sindacale, il 15 giugno 1916 partecipa alla riunione del C.G. dell'USI che delibera il mantenimento di una linea di internazionalismo, di lotta di classe, contro la guerra.
Sassi prosegue la propaganda contro la guerra fino quando un decreto prefettizio del 7 agosto 1917 disporrà il suo immediato allontanamento dalla provincia di Piacenza; si reca allora a Roma assieme a Borghi per continuare il lavo­ro sindacale dell'USI.
Nel settembre del '17 si trasferisce clandestinamente, su incarico della direzione dell'USI, in Valdarno, con il com­pito di sostituire alla segretaria della lega dei minatori Enrico Melandri, chiamato alle armi.
Rintracciato dalla polizia ad Arezzo, alla fine del 1917, viene rispedito ad Imola con l'accusa di aver svolto nel Valdarno attività politica sovversiva e il sabotaggio della produzione di lignite, necessaria per il rifornimento del fronte.
Fallito un ulteriore tentativo di rientrare in Valdarno nel febbraio del 1918, in seguito ad un nuovo arresto nei pres­si di Figline che gli costò la diffida a rientrare nella provincia di Firenze, Sassi ritorna nel Valdarno a Castelnuovo dei Sabbioni all'inizio del 1919 a pochi mesi dal termine della guerra.
Eletto nuovamente segretario della lega minatori, guida, con i sindacalisti anarchici  Mari e Monetti la lotta dei minatori del Valdarno per la riduzione della giornata lavo­rativa a sei ore giornaliere e per l'aumento dei salari (una vertenza particolarmente dura prolungatasi dal 20 mag­gio al 7 agosto 1919).
Dal 1921 Sassi si stabilisce in Valdarno a Cavriglia, continuando comunque a mantenere contatti con l'Emilia, colla­borando attivamente alla "Voce Proletaria" organo settima­nale della CdL di Piacenza, sia con i compagni romagnoli di Imola a Castelbolognese.
Gli anni che vanno dal 1920 al 1922 sono di intensa attività per Sassi, soprattutto nella provincia di Arezzo; l'azione si caratterizza per il suo contenuto politico, dap­prima con il sostegno alla rivoluzione russa e l'opposizio­ne a spedizioni militari italiane in Russia e Ungheria, in seguito con la difesa del quotidiano anarchico Umanità No­va, fondato a Milano da Errico Malatesta nel 1920 è conti­nuamente minacciato di sospensione delle forniture di car­ta; minacce alle quali i minatori del Valdarno rispondono con il blocco della produzione di lignite.
Il 1921 vede l'inizio in Toscana della reazione fascista contro le organizzazioni dei lavoratori. Nel marzo del 1921 Sassi è arrestato sotto l'accusa di essere stato l'istiga­tore morale" dei fatti di San Giovanni Valdarno e di Ca­stelnuovo dei Sabbioni, dove i minatori si erano scontrati con le bande fasciste inviate da Firenze e numerosi sinda­calisti e lavoratori furono arrestati e percossi con estre­ma violenza.
In attesa del processo per i fatti del Valdarno nel marzo del '22 Sassi è condannato ad un anno e sei mesi di carcere per gli incidenti avvenuti durante gli scioperi del 1919. Nel marzo del 1923 la corte di assise di Arezzo condanna Sassi, assieme ad altri 57 imputati, per gli scontri di Ca­stelnuovo dei Sabbioni a 16 anni di carcere, uno di vigi­lanza speciale, ed alla interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Sassi scontò la pena nelle carceri di Perugia, Spoleto, Portolongone, finché non è liberato il 27 novembre 1925 per indulto reale; ritornato ad Imola sotto vigilanza speciale vi rimane solo un anno.
Alla fine del 1926 Sassi scompare da Imola, ed è rintrac­ciato a Roma solo nel 1928, arrestato e nuovamente condan­nato a cinque anni di confino nella colonia di Ponza. Dopo un anno la condanna è tramutata in ammonizione e gli si consente di rientrare a Roma.
Disciolto dalla ammonizione nel luglio del L929, Sassi si trasferisce a Torre Pedrera in Romagna, dove agli inizi del 1930 riesce ad impiegarsi presso l’acquedotto di Ravenna.
A causa di un infortunio deve lasciare il lavoro e fa ri­torno quindi a Roma, sotto stretta vigilanza della polizia che registra dal 1935 suoi contatti "con elementi antifa­scisti residenti all'estero".
Caduto il fascismo, Sassi riprende il suo posto nel sinda­cato; nel 1944 ritorna in Valdarno e promuove  la riorganiz­zazione del sindacato dei minatori, diventandone il segre­tario nazionale.
Come rappresentante della corrente anarchica prende parte alla riorganizzazione della CGIL dopo il "patto di Roma"; nominato membro del Direttivo Nazionale fa parte anche del­la  Consulta  Nazionale, ma rifiuta il seggio di deputato e lo stipendio per ribadire la sua opposizione a qualunque compromesso con il "parlamentarismo" borghese" ed il rifiu­to di una concezione "professionale" della delega e dell'impegno sindacale.
Fu molto scosso dalle spaccature che divisero  il movimento sindacale nel 1948-49, convinto della validità dell'unità sindacale basata sulla solidarietà di classe derivante dal­le lotte dei lavoratori.
Sono questi i punti che caratterizzano sempre la sua pre­senza ai Congressi Nazionali della CGIL, come rappresentan­te della categoria della quale era segretario, la FLIE, e alle riunioni del Direttivo Nazionale della CGIL fino alla sua morte avvenuta a Roma il 24 giugno 1957.
       

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